Il velluto: uno dei tessuti più apprezzati. Emblema di ricchezza e preziosità, tante sono le sue varietà.
Il velluto: uno dei tessuti più apprezzati.
Emblema di ricchezza e preziosità, tante sono le sue varietà.
Pochi tessuti accarezzano i nostri sensi con una tale intensità e solleticano la nostra fantasia, narrandoci storie di interni opulenti ed abiti regali: il velluto, con i suoi toni brillanti e la calda sericità, ha questa dote, apprezzata ormai da secoli da stilisti, artisti e amanti del bello in genere.
La sua caratteristica principale è quella di presentare sul dritto un pelo rasato e molto fitto (si parla in questo caso di velluto unito, liscio o tagliato) oppure una serie di piccoli anelli di filo che sporgono dalla trama (velluto riccio).
Il nome è derivato dal termine latino “vellus”: vello, tosone o mantello, e ben si presta a descriverne la tipica finitura di pelo.
Queste differenze vengono accentuate dalle diverse lavorazioni grazie alle quali abbiamo a disposizione il courduroy (velluto a coste), il dévoré (su cui si ottengono effetti di trasparenza attraverso dei procedimenti chimici di scioglimento selettivo della fibra), il froissé (dall’aspetto sgualcito), il soprarizzo (operato fino ad ottenere un risultato damascato o cesellato), il velveton (ossia il fustagno, utilizzato soprattutto per l’abbigliamento sportivo e per scopi tecnici), il jacquard (con disegno intessuto nella trama).
Tradizionalmente la fibra scelta era la seta, che rendeva il velluto particolarmente lucido e morbido al tatto, ma anche prezioso e delicato (spesso era addirittura arricchito con lamine d’oro o d’argento).
In seguito è stato introdotto l’utilizzo del cotone, del lino, della lana e del mohair, che hanno reso il tessuto meno lussuoso, ma più resistente. Recentemente sono stati inoltre sviluppati velluti sintetici (soprattutto in poliestere, acetato, nylon e viscosa).
Le prime tracce di questo materiale si perdono in un luogo indefinito lungo la leggendaria “via della seta”, probabilmente nella regione del Kashmir, incastonata tra India, Pakistan e Cina, da cui, grazie allo spirito affaristico dei mercanti arabi, è giunto in Europa e in particolare in Italia, luogo d’origine, per tutto il XIII secolo e oltre, degli approvvigionamenti per tutto il continente, prodotti ed esportati dalle città di Lucca, Genova, Firenze e Venezia.
Più tardi questa tradizione è passata nelle mani dei Fiamminghi e i velluti di Bruges sono giunti nel XVI secolo ad avere una reputazione non inferiore a quelli delle grandi città italiane.
Questa stoffa, apprezzata dai nobili di tutte le epoche successive alla sua introduzione (tanto che Riccardo II d’Inghilterra stabilì nel 1399 che nessun altro tessuto avrebbe toccato la sua pelle e che in esso sarebbe stato seppellito), non ha mancato di ispirare illustri artisti, tra cui il più celebre rimane Tiziano, che nei suoi ritratti ne ha fatto ampio uso.
Nel fashion il velluto torna recentemente al centro dell’attenzione del pubblico nel 1996, quando Gwyneth Paltrow indossa alla serata degli MTV Music Awards un tuxedo in velluto carminio disegnato da Tom Ford per Gucci.
Grande ritorno del velluto anche in arredamento per il tocco particolarmente elegante, sensuale e accogliente che solo il velluto sa dare agli interni.
I più gettonati sono i velluti in tinta unita in fibra naturale, la seta prima di tutto, ma anche cotone, lino e lana che ben si adattano sia agli ambienti più classici che a quelli di design.
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